
Forse i nostri discendenti potranno dire con divertimento che la prima decade del XXI secolo era dominata dalla paura. La cosa curiosa è che si tratta di una paura indotta. Non è che la microcriminalità sia cresciuta (la grande criminalità, quella di omicidi, rapine, ecc. è diminuita) ma i mass media ci tempestano di notizie angosciose. E così, eccoci alle norme maroniane che permettono ai sindaci di emanare ordinanze spesso discutibili. Il colmo lo si è raggiunto con la multa comminata ad un lettore di libri, disteso sul prato di un giardino pubblico di una cittadina veneta. Sarà perché era straniero? Per non parlare del coprifuoco nei parchi di Novara o del divieto di stazionare in più di due persone oltre una certa ora.
"La fantasia al potere" ha scritto Lidia Ravera, ironizzando su uno slogan del 68 "C'è di che preoccupare anche i più ottimisti. Che cosa si inventeranno i sindaci per compiacere l'arguto ministro? Deportazione di tutti gli stranieri inadeguati allo shopping? Arresto per detenzione di birra non regolarmente consumata con sovrapprezzo ai tavolini del pub? Fermo per adunata sediziosa agli incauti fidanzati che escono con una coppia di amici?"
Si teme ogni cosa, ma soprattutto si teme di perdere quel tanto o poco che si ha. Ammesso che quello che si possiede sia qualcosa per cui valga la pena di aver paura.
Fateci caso (vedi il blog www.mentecritica.net). Si teme che i propri figli siano bersaglio di cattive compagnie, ma non si fa nulla per educarli a capire. Li si abbandona ai loro passatempi, costosi e preferiti, finché sono abbastanza grandi da doverli raccomandare a qualcuno perché lavorino. Se siamo benestanti, si riesce a fare in fretta, se no si lavora a i fianchi il benestante di turno amico o feudatario cui devolvere la nostra imperitura gratitudine.
Questa è la patria dei “dané” e solo quelli contano. Chi ha i “dané” ha paura più degli altri, ma è anche il peggior cattivo che ci sia.
Ma RAGIONIAMO SERENAMENTE: la sensazione di insicurezza non nasce dalla crescita (che è molto limitata) dei crimini commessi da rom, extracomunitari di pelle nera, ex-comunisti albanesi o romeni. La paura nasce per l'incertezza della pena, per esempio a causa della legge che manda impuniti gli autori di gravi reati contro la persona per salvare il premier e i suoi amici. Oppure per l'indulto che rimette in libertà gente che non se l'è ancora meritata (Mastella e il centro sinistra saranno capaci di fare "mea-culpa"?) La paura cresce perché non c'è più un codice di valori condivisi (per esempio l'onestà, il rispetto per gli altri, la tolleranza, ecc.) nel quale formare i giovani e perché c'è una classe dirigente troppe volte beccata a intrallazzare, rubacchiare e commerciare all'ombra del proprio potere.
Cerchiamo di non farci influenzare troppo.
(per la cronaca, il libro che ha provocato la multa di cui sopra era "Cronache corsare" di Pasolini)
1 commento:
In linea con le osservazioni emerse da questo articolo vorrei citare un breve estratto dello stesso Walter Veltroni, si tratta di una "sentenza" che fa riflettere: "Quando una società ha paura, è tentata dal barattare democrazia per decisione"
Posta un commento